Guerra nel deserto
Guerra nel deserto

Dal novembre del 1941 al maggio del 1943 il Nord Africa è teatro di operazioni di guerra su larga scala e gli occhi del mondo sono puntati per la prima volta su località dai nomi esotici, spesso poche casupole perdute nel deserto, che si possono a stento ritrovare negli Atlanti: Bir Hakeim, Gazala, El Alamein. Da una parte le truppe italo-tedesche, coordinate da Rommel, la volpe del deserto; dall'altra l'esercito inglese e le Forze Francesi Libere, un mosaico di popoli chiamati alla guerra da terre lontane, che il Generale Montgomery seppe trasformare in un esercito. Impegnati con le Forze Libere Francesi o con vari reparti dell'esercito inglese, i volontari dell'American Field Service si trovano nuovamente in prima linea. Rispetto alla Prima Guerra Mondiale è cambiato quasi tutto, ma identico è lo spirito che li anima.

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Un viaggio inaspettato

Il blocco navale italiano del Mediterraneo e l'entrata in guerra degli Stati Uniti costringono la prima unità dell'AFS a un interminabile viaggio e al cambio della destinazione finale: non l'Africa, ma l'India.

Guerra nel deserto Il 10 Novembre 1941, salpa dal porto di Halifax la prima unità dell'AFS: il suo obiettivo è portare aiuto agli Inglesi in Nord Africa e la meta è il Canale di Suez. A causa della guerra non è opportuno attraversare il Mediterraneo: la rotta obbligata passa quindi per il Capo di Buona Speranza. L'unità è composta da uomini di età variabile fra i 18 e i 64 anni, rappresenta 22 stati, 44 università e college, americani ed europei. La comanda il Colonnello Ralph Richmond, coadiuvato dal maggiore Stuart Benson, veterano della Grande Guerra.

Il viaggio, caratterizzato dalle difficoltà logistiche (troppi uomini sulla nave, alloggiati in spazi ristretti), si rivela terribilmente monotono: talmente monotono che 28 volontari decidono di guadagnarsi qualcosa unendosi all'equipaggio.

Il 7 dicembre del 1941, a seguito dell'attacco giapponese a Pearl Harbor, gli Stati Uniti entrano in guerra. La nave si trova nelle acque di Città del Capo e molti volontari reclamano l'immediata rescissione del contratto stipulato con AFS per poter diventare veri soldati. Le defezioni sono numerose, ma la maggioranza decide di restare.

Mentre Richmond e Benson sono in volo per Il Cairo a preparare l'arrivo dell'Unità I, gli Inglesi ordinano un cambio di rotta: non più il Canale di Suez, ma Bombay in India, dove i volontari AFS sbarcano il 27 Dicembre 1941. La loro destinazione è il campo di addestramento di Deolali, a circa 180 km a nord-est, sede di una scuola militare e un ospedale.

Dopo quasi due mesi di navigazione, l'aspetto dei volontari, carichi di bagagli e souvenirs africani, non è esattamente quello che dovrebbe avere una unità paramilitare. Andrew Geer, nel suo romanzo autobiografico intitolato Mercy in Hell, racconta l'arrivo a Deolali:

«I giganteschi elmetti coloniali, che ci erano stati consegnati a Bombay in tutta fretta, posavano sulla fronte madida di sudore. La maggior parte di noi, non fidandosi del precario servizio di trasporto bagagli, si caricarono talmente tanto da vacillare sotto il peso. I cani ci abbaiavano contro; i cavalli utilizzati nelle parate militari levavano in alto le zampe anteriori e fuggivano via. I British Tommies - reduci da molte campagne in India - ci guardarono dalla strada con incredulo disprezzo e si rifugiarono nel pub più vicino: purtroppo per l'esercito americano, ci scambiarono per un reparto di quell'esercito. Appena ci vide, una ragazzina corse in un giardino affacciato sulla strada esclamando: "Mamma, guarda, Mamma ! Arrivano altri prigionieri italiani !"».

Gli istruttori inglesi si adoperarono con ogni sforzo per trasformare quella marmaglia in un reparto paramilitare imponendo una rigida disciplina, la cura del proprio equipaggiamento, esercitazioni ripetute fino alla nausea e marce di 15 miglia al giorno. Dopo un mese, i volontari AFS sono giudicati pronti per l'Africa: il 29 gennaio 1942 l'Unità I parte da Bombay per l'Egitto.

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Vivere con il deserto

Terminato l'addestramento, i volontari dell'AFS sono assegnati alla Prima Divisione delle Forze Libere Francesi di stanza a Bir Hakeim e alla Seconda Divisione Neozelandese dell'VIII armata.

Guerra nel deserto Quasi quattro mesi dopo aver lasciato Halifax, l'unità I arriva al porto di Toufiq (Tawfik) nel golfo di Suez, il 10 febbraio 1942: destinazione finale è il British Mobilzation Center di Tahag, il centro di addestramento per le truppe inglesi di stanza nel deserto.

Il Mobilization Center era stato progettato per essere scomodo. Un'ampia distesa in mezzo alla sabbia, spazzata dal vento, senza alberi: dove la sabbia entra ovunque, persino nei pacchetti sigillati. Gli unici altri esseri viventi sono le mosche - che però sono innumerevoli.

Guerra nel deserto La settimana trascorsa a Tahag è talmente difficile che per molti volontari sembra durare il doppio. Supervisore dell'addestramento è il luogotenente Eric Waller. Il suo discorso di benvenuto è indimenticabile: «Non c'è nulla di magico nel confrontarsi con i numerosi ostacoli del deserto. Fondamentale è la capacità di adattarsi. Voi dovete vivere con il deserto - non combatterlo. Se lo combatterete, lui vi colpirà con la sua frusta [...] La navigazione nel deserto è di importanza capitale per ogni unità, ma lo è doppiamente per ciascuno di voi [...] Perdersi nel deserto non sarà considerata una sfortuna, ma una violazione della legge».

Ci sono poi le esercitazioni: manutenzione dei veicoli, lettura delle mappe, guida in convoglio, guida notturna e guida nella sabbia. I volontari AFS sono riorganizzati nella Ambulance Car Company dell'esercito inglese e sono suddivisi nelle sezioni 1 e 2 comandate da C.B. Ives e A.C. Geer. Ogni sezione è formata da 5 sottosezioni con 5 ambulanze e 8 uomini.

Guerra nel deserto Quando tutto sembra ormai pronto, una nuova delusione: gli Inglesi non vogliono mandare uomini così inesperti nel deserto. I volontari dell'AFS vengono quindi spediti in Libano. Simbolicamente, l'8 aprile 1942 è una data importante. Alla presenza del generale neozelandese Bernard Freyberg la bandiera americana viene issata nel campo dell'AFS a Zahle, in Libano: è la prima bandiera americana a essere issata in medio Oriente durante la Seconda Guerra Mondiale. Nasce proprio durante quei giorni l'amicizia con i neozelandesi, i «kiwi»: amicizia che si sarebbe rafforzata nella prova di El Alamein e sarebbe continuata dopo la guerra.

Il 10 aprile del 1942 arriva l'ordine di tornare a Tahag. Dopo un nuovo addestramento, la partenza per il deserto occidentale, il 17 maggio. Il convoglio arriva a Tobruk il 21 maggio, dopo un viaggio di 614 miglia, superando le insidie di una fortissima tempesta di sabbia.

Pur essendo imminenti le offensive progettate da ambo le parti, nel maggio del 1942 il deserto era relativamente tranquillo. Poiché era impossibile creare una linea di trincee, la strategia adottata consisteva nel costruire giganteschi campi minati, con le truppe raggruppate in rettangoli fortificati di uno o due miglia di lato. Il porto di Tobruk, in Libia, era il centro principale di approvvigionamento per l'esercito alleato. Le zone maggiormente fortificate nel deserto erano Gazala e Bir Hakeim, presidiata dalla Prima Brigata delle Forze Francesi Libere.

Mentre le forze alleate, superiori di numero e meglio rifornite, preparano una offensiva, Rommel escogita uno dei suoi diabolici trucchi. L'obiettivo è prendere Tobruk in tre giorni, con attacchi simultanei a Bir Hakeim e Gazala. Un grande piano, studiato nei minimi dettagli, che non si realizzò per l'inimmaginabile resistenza di una brigata di soldati francesi e l'eroismo di un pugno di ambulanzieri.

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Bir Hakeim, combattere per la sabbia

The Battle for the Sands: Ambulance at Bir Hacheim pubblicato nel novembre 1942 sull'Atlantic Monthly dall'ambulanziere Arthur Stratton racconta il tragico epilogo di quella sanguinosa battaglia dove due ambulanzieri persero la vita e altri furono gravemente feriti.

Guerra nel deserto Bir Hakeim (Il pozzo di Hakim) è una collinetta alta 168 metri, in mezzo al nulla. Situata all'incrocio delle vie carovaniere, l'area era già stata utilizzata dai Romani, che vi avevano sepolto grandi cisterne per la conservazione dell'acqua potabile. Molti secoli dopo, venne fortificata dai Turchi per pattugliare il deserto contro i predoni. Nel 1942 Bir Hakeim indica un'area di 8 miglia quadrate, circondata di fittissimi campi minati lungo tutto il perimetro, che fra le rovine del fortino turco ospita cannoni e artiglieria anticarro, tende e alloggiamenti per 3.000 soldati francesi, più un manipolo di artiglieri inglesi (British Gunners).

AFS collaborava con le Forze Libere Francesi dal luglio del 1941. L'unità era inizialmente formata da A.R. Stuyvesant, C. N. Jefferys, e LeClair Smith dotati di 18 ambulanze, guidate da soldati della Legione Straniera; alla fine di marzo 1942, l'unità AFS viene rinforzata e conta 12 volontari americani. Per mesi e mesi, il lavoro degli ambulanzieri è stato molto monotono: dato che gli scontri erano sporadici, si trattava di evacuare soprattutto i malati, portandoli negli ospedali sulla costa.

Guerra nel deserto Tutto cambia improvvisamente all'inizio di aprile. I volontari LeRoy Hindes Krusi e Stanley Kulak vengono mitragliati da due aeroplani tedeschi. L'ambulanza è in fiamme. Krusi, ferito allo stomaco e al polmone, viene steso su una barella dal compagno, che torna indietro a piedi per chiedere aiuto. Solo l'intervento del capitano Stuyvesant, che era di pattuglia, evita il peggio. Krusi viene operato d'urgenza e rimpatriato per una lunga convalescenza; Kulak decide di rimanere.

I bombardamenti si fanno più frequenti, ma nessuno può immaginare l'attacco in forze scatenato il mattino del 27 maggio. Il IX battaglione italiano della divisione Ariete tenta di sfondare le linee e attaccare l'avamposto: ma viene frenato dalle mine e dai reparti anticarro. In un'ora, come testimonia l'ambulanziere Semple, furono distrutti 40 carri armati su 70. L'attacco è respinto: ma una rapida esplorazione dei dintorni conferma che Bir Hakeim ora è tagliata fuori da ogni contatto con gli Alleati e non è possibile né raggiungerla né evacuarla.

Quattro giorni dopo i Francesi tentano una sortita con 1500 uomini per spezzare il blocco. Alla colonna sono assegnati Kulak e Semple, che vincono il sorteggio. L'iniziativa si rivela un disastro. Kulak rientra dopo mezza giornata carico di feriti; escono altre ambulanze, ma non si accorgono di finire dietro le linee corazzate nemiche. Styvesant, con una gomma a terra, viene catturato dai Tedeschi.

Guerra nel deserto Durante il giorno, i bombardamenti su Bir Hakeim sono spaventosi; scesa l'oscurità, i soldati scavano nella sabbia, per seppellire i camion, le munizioni e i viveri. Il primo giorno vengono uccisi i cuochi, distrutte le cucine e i serbatoi d'acqua. L'ambulanziere Lorenzo Semple testimonia quei terribili momenti: «Anche se eravamo stati incredibilmente fortunati a non essere stati colpiti direttamente dalle bombe, le nostre macchine non hanno avuto altrettanta fortuna. L'ambulanza di Kulak se ne è andata nel modo più spettacolare quando è stata centrata in pieno da un proiettile da 105 millimetri. Non ne resta quasi nulla, tranne le quattro ruote e un pezzo del telaio; l'area tutto intorno, a una distanza di 50 iarde è coperta di pezzi di legno, tela e acciaio».

Il 10 giugno la situazione è disperata. Niente acqua né cibo, nessun supporto aereo, munizioni quasi esaurite e nessuna speranza di rifornimenti. Alle 17 viene deciso di evacuare la fortezza e tutti fingono di comportarsi come al solito. Alle 23, le ambulanze AFS superstiti si muovono lentamente al lato sud est del campo dove i genieri hanno aperto un varco fra le mine. La colonna, guidata dal generale Konig, tenta la fuga verso la libertà. Un rallentamento nelle prime file si rivela fatale: i tedeschi se ne accorgono e cominciano a mitragliare la colonna. George Tichenor è davanti, dietro lo seguono Semple, Kulak e McElwain in una vettura, e infine Arthur Stratton.

Mentre l'ambulanza di Semple resta bloccata nel filo spinato, quella di Stratton viene ripetutamente colpita. La sua testimonianza è affidata a un memoriale, intitolato The Battle for the Sands: Ambulance at Bir Hacheim pubblicato nel novembre 1942 sull'Atlantic Monthly.

«"Je suis blessé!" ho esclamato, con voce molto sorpresa. "Sono ferito!", ho ripetuto in inglese soltanto a beneficio di me stesso. "Anche io sono ferita" ha esclamato l'infermiera accanto a me. Ci siamo buttati giù dalla macchina, dalle due parti. Mi sono accorto di non riuscire a camminare e sono caduto. È stata una scoperta terrificante. Il mio braccio sinistro e la mia mano sanguinavano. Mi sono seduto per terra e ho gridato. "Svuotate l'ambulanza", ho gridato. "Spostate le ambulanze". Piuttosto, ho esclamato "Dégagez les voitures!" Non sono sicuro che quella fosse la frase giusta, ma ho cercato di dirlo.

Il fuoco stava avvolgendo l'ambulanza. I feriti strisciavano fuori e cercavano di allontanarsi dalle fiamme... Penso che i feriti che trasportavo siano stati uccisi tutti dallo stesso Breda che ha fatto fuori i miei freni e i miei pneumatici e ha colpito la prima macchina. Spero sia stato così, perché non ho potuto fare nulla per loro. Non ti rendi conto del tempo che passa quando le cose accadono in modo così rapido e terribile. Non posso dire per quanto tempo sono rimasto per terra a gridare. In quel mentre, il serbatoio e le riserve di carburante stavano bruciando. Mi sono alzato e ho corso per pochi metri: poi sono svenuto accanto a un arbusto spinoso.

Guerra nel deserto Ho contato 35 buchi nel mio corpo, senza contare le punture di spillo... Pezzi e frammenti mi sono entrati nelle scarpe e dentro le dita dei piedi; ne avevo anche in tutte e due le gambe, le mani, i polsi e gli avambracci. Però le articolazioni e le ossa erano intatte... Più tardi qualcuno è uscito dall'oscurità, mi ha sollevato e mi ha portato dentro un camion... Sono atterrato su un gruppo di uomini feriti, che gridarono per il dolore. Mi sono trascinato su un mucchio di coperte, ma le coperte erano troppo dure. Ho urtato una scatola degli attrezzi, che era fredda e viscida. Tichenor giaceva sotto quelle coperte, ma io non potevo rendermene conto. Era già morto.

Tichenor è morto sul colpo. La sua ambulanza ha preso fuoco; mentre si stava occupando dei feriti è stato colpito alla testa ed è caduto in mezzo a loro. Il suo corpo, disteso sopra di loro, li ha salvati. Me l'ha detto un uomo, cieco... si trovava nell'ambulanza di Tich».

La sorte non fu più benevola con McElwain e Kulak. La loro ambulanza viene mitragliata. Sono feriti entrambi: Kulak è grave, ma anche il compagno, colpito alle gambe, riesce appena a muoversi. Uscito dall'ambulanza, McElwain sviene. Entrambi sono catturati dai tedeschi: non ricevono l'assistenza medica promessa e Kulak muore la mattina dopo per le ferite riportate.

L'evacuazione ha però avuto successo. Più tardi quella mattina, poco dopo l'alba, gli Inglesi seppelliscono Tichenor 8 miglia a sud ovest di Bir Hakeim, vicino al punto di incontro con i superstiti, rendendogli gli onori militari.

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Le battaglie di El-Alamein

Dal punto di vista militare la guerra in Nord Africa si decide nelle due battaglie di El-Alamein, durante le quali il servizio prestato dagli ambulanzieri dell'AFS viene definito encomiabile dallo Stato Maggiore inglese.

Dopo continue sconfitte, l'VIII armata inglese si ritira nella piazzaforte costiera di El Alamein, punto terminale di una linea fortificata che si estendeva per 35 miglia nel deserto, fino alla Depressione di Qattara, invalicabile dai mezzi motorizzati.

Durante la prima battaglia di El-Alamein (1-27 luglio 1942) le forze dell'Asse vengono respinte o trattenute. I volontari di AFS cooperano con la Divisione Neozelandese, di stanza alla Fortezza di Kaponga a Bab el Qattara: una fortezza scavata nel deserto e rinforzata con mura di pietra, quasi completamente sotterranea.

Il fronte di El Alamein è una linea discontinua di trincee, campi minati e piazzeforti, intervallata da wadi dove occasionalmente uomini e mezzi si rifugiano per rimettersi in sesto dai devastanti e imprevedibili attacchi aerei. Instancabili, gli Ambulanzieri compiono sino a 50 viaggi al giorno per evacuare rapidamente i feriti da tutta la linea del fronte e portarli negli ospedali sulla costa. È durante uno di questi viaggi che l'ambulanza di William McLarty viene sventrata dai proiettili di uno stuka. L'ambulanziere, gravemente ferito, muore poche settimane dopo all'ospedale di Alessandria.

L'ambulanziere Robert W. Johnston ricorda quel periodo nei suoi appunti: «Più ci avvicinavamo alla linea del fronte, meno attività c'era. Gli uomini indossavano l'elmetto e stavano tutto il giorno nelle trincee o all'interno dei camion, nascosti sotto la sabbia e collegati alle trincee. Il tiro di artiglieria continuava da ambo le parti e finché non arrivava un proiettile abbastanza vicino sembrava che provenissero da chissà dove e cadessero a caso in quell'area relativamente vasta nella quale stavamo guidando. Questo, naturalmente, poteva renderti un po' nervoso... a pensarci; però, per un processo di razionalizzazione, potevi sentirti ragionevolmente sicuro per due motivi: (1) qui c'è un mucchio di deserto e tu e il tuo veicolo occupate uno spazio relativamente piccolo; (2) se tu riesci a sentire il fischio del proiettile, allora sei al sicuro: perché il fischio del proiettile che ti colpisce non lo senti. Unico problema: non so chi possa confermare questa teoria.

Guerra nel deserto Appena ci fermavamo, le mosche ci si gettavano addosso a orde. Ero convinto, finché mi trovavo là, che ce ne fossero di più di quante ve ne fossero all'ADS (Advanced Dressing Station); ma ora che sono ritornato qui non vedo come sia possibile, dato che mi stanno facendo diventare pazzo proprio adesso che sto scrivendo. Suppongo che là siano peggiori perché la cosiddetta ‘terra di nessuno' è ricoperta di cadaveri in decomposizione che nessuna delle due parti ha la facoltà di seppellire.

Nella posizione più avanzata avevamo due ambulanze, e in quel punto mi trovavo solo a 700-800 metri dalle posizioni tedesche. Ci trovavamo davanti alla prima linea di fuoco e dietro di noi c'era soltanto della sventurata fanteria. Loro stavano sepolti dentro la sabbia: non avevano il coraggio di mostrarsi durante il giorno e mangiavano durante la notte. Col caldo, le mosche e la mancanza di ogni cosa, davvero non so come possano resistere lì senza impazzire».

Due episodi divertenti spezzano la monotonia di quel caldissimo agosto 1942, trascorso senza scontri significativi. Il primo è una lezione di humor inglese.

Una mattina l'irrequieto gruppo di ambulanzieri al comando di Arthur Howe, che sarà presidente dell'AFS nel dopoguerra, riceve un ordine insolito. Devono recarsi con ambulanze e tutto a un rendez-vous in pieno deserto, per ricevere ‘certe disposizioni' da un brigadiere inglese. La pista si rivela sin da subito impercorribile: ma gli ambulanzieri non si arrendono e dopo ore di sforzi riescono a issare le ambulanze sulla prima duna, per poi scoprire che davanti a loro ce ne è una fila, ininterrotta. Trascorsa la notte senza mangiare, il mattino dopo decidono di tornare indietro. Le disposizioni? Non c'è nessuna disposizione. Si tratta di uno scherzo educativo: da quel momento gli uomini di Howe smettono di lamentarsi per la noia e imparano a trattare il deserto con rispetto.

Guerra nel deserto Il secondo episodio nasce da un equivoco. Il generale neozelandese Bernard Freyberg nutriva molta simpatia per gli ambulanzieri dell'AFS e si fermava spesso a parlare con loro: questo, il luogotenente Frederick Myers non lo sapeva; e neppure sapeva riconoscere la differenza fra il copricapo rosso di un poliziotto militare e quello di un generale. Intimato l'alt alla ambulanza, il Generale conversa amabilmente con Myers finché, con un tono da sergente maggiore, gli fa notare un errore nel suo equipaggiamento. «Il nostro Volontario» racconta William Phillips «non aveva evidentemente capito con chi stava parlando e fu preso da quello che a Boston si definirebbe un ‘umbrage' (un moto d'ira, N.d.T.). Nessun poliziotto, militare o civile, gli si era mai rivolto in quel modo. Accendendo il motore, gridò: "Senti un po', amico. Tu continua pure a dirigere il traffico; io continuerò a guidare questa ambulanza e presto vinceremo la guerra" e se ne partì sgommando in una nuvola di polvere».

Le ostilità riprendono all'inizio di Settembre. Arthur Paisley Foster, già membro della SSU 17 durante la prima guerra mondiale, offertosi nuovamente volontario insieme ai suoi due figli, è assegnato alla quinta Brigata neozelandese. Cosa gli sia capitato la notte fra il 3 e il 4 settembre è ancora incerto. Durante un'avanzata la sua ambulanza viene colpita da un proiettile: gli ultimi a vederlo raccontano che si trovava a terra dietro l'ambulanza in fiamme, forse per ripararsi dai proiettili; poi l'hanno visto correre verso le linee nemiche, probabilmente in risposta al grido di un ferito. Poiché non fece più ritorno si pensò all'inizio che fosse stato catturato: alcuni giorni dopo tuttavia il suo braccialetto identificativo fu rinvenuto nel campo di battaglia. Il suo corpo non fu mai ritrovato e lo stato maggiore confermò che era "scomparso, presumibilmente morto".

Il 23 ottobre del 1942 comincia la seconda battaglia di El Alamein, che si protrasse fino al 3 novembre. Gli ambulanzieri AFS sono in prima linea, dal primo giorno, e intervengono già tre ore dopo l'inizio delle ostilità.

Alcune unità si trovano a nord, a poca distanza dalla costa, insieme con i neozelandesi, che hanno sfondato le linee nemiche ingaggiando una dura lotta con gli italiani della Divisione motorizzata Trento. Per giorni, il compito degli ambulanzieri è quello di raggiungere i luoghi dove si era appena combattuto passando attraverso i campi minati (inglesi e tedeschi), raccogliere i feriti e tornare indietro alla massima velocità. Giorno e notte, senza sosta.

Altri invece si trovano con la Prima Brigata delle Forze Libere Francesi, impegnati a sud, non lontano dalla Depressione di Qattara. L'attacco della Legione Straniera a Himeimat nella notte fra il 23 e il 24 ottobre non ha buon esito: nella confusione della ritirata, l'ambulanza di J.D. Dun, carica di feriti, si trova insabbiata in un campo minato, sotto il fuoco nemico. Intorno a lui solo altre due ambulanze in fiamme, con i feriti all'interno. Con l'aiuto di un disertore italiano che si era arreso a lui, Dun mette al riparo i feriti e attende tutta la notte l'arrivo dei rinforzi.

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La caduta senza rumore di un impero

Le testimonianze degli ambulanzieri raccontano l'entrata delle truppe Alleate a Tripoli, pochi mesi prima orgogliosa roccaforte dell'impero italiano, divenuta una città fantasma.

Guerra nel deserto Il 23 gennaio 1943 Tripoli, ormai abbandonata a se stessa, viene presa dagli Alleati. I volontari dell'AFS sono i primi a entrare in città. Questo il racconto dell'ambulanziere T.E. Munce:

«Alle 4.30 della mattina del 23 gennaio siamo entrati in Piazza Italia e abbiamo fatto manovra in Piazza Castello. Abbiamo parcheggiato i nostri veicoli alla base dell'antico castello moresco, di fronte al porto, affollato di navi e di bandiere, e siamo scesi come in un sogno. Preparato il té, stentavamo a credere di trovarci proprio lì, che noi stavamo finalmente camminando per quelle stesse strade dove il Duce aveva vaneggiato sul suo impero. Doveva essere una pazzia, la follia di un lunatico: solo l'arrivo del sole ci avrebbe convinto che si trattava di un sogno.

Guerra nel deserto Mentre facevamo colazione sotto la luna la città sembrava deserta. Verso le 5.30 abbiamo notato che le persiane di una finestra, precedentemente chiusa, erano state aperte. Era il primo segno di vita, ma noi non riuscivamo a vedere nessuno. C'erano, lo sapevamo bene, occhi che ci fissavano; noi non ci allontanavamo molto dai nostri veicoli. Eravamo perfettamente consci di essere da soli.

Alle 6 circa abbiamo sentito dei carri armati venire verso di noi. Non appena ci furono vicini, più forte del fragore dei cingoli, abbiamo sentito il suono acuto delle cornamuse: la Highland Division, che si era aperta la via lungo la strada costiera, stava per unirsi a noi. Quando sono entrati in piazza Castello l'alba era appena visibile nel cielo grigiastro. Balzati fuori dai carri armati, quei giovani vigorosi marciavano a piccoli passi insieme allo zampognaro: se avessero indossato il kilt l'avrebbero fatto oscillare ritmicamente. Un altro suonatore si unì a lui e poi un altro ancora finché alla fine cinque di loro procedevano marciando al sorgere del sole, i cui raggi illuminavano l'Union Jack, che ora sventolava sopra il Castello. Ecco, ora eravamo convinti. Tripoli era nostra».

Guerra nel deserto Nonostante l'eroica, irrazionale e furente resistenza degli italo-tedeschi, privi di mezzi ma decisi a combattere fino all'ultimo uomo, Tunisi cade il 7 maggio. Il 13 maggio 1943 la guerra nel Nord Africa era finita.

«La guerra del Nord Africa è finita» scrive il Maggiore Howe «e ci troviamo a godere l'esperienza unica di poter stare seduti per un po' con la consapevolezza che il tempo è solo nostro. Possiamo lavorare sui veicoli. Possiamo andare in giro in calzoni corti. E possiamo anche occuparci della nostra felicità. Ogni giorno lascio andare qualche sezione a passare la giornata a Tunisi. Tornano indietro a tarda notte dopo feste un po' agitate.... Il nostro Quartier Generale è pieno di automobili, e c'è un'attività notevole in ogni reparto. La mensa in particolare sta facendo un gran lavoro, disponendo di una botte da 600 litri di ottimo vino rosso, di cui siamo orgogliosi... Nella tenda adibita alla mensa la radio suona al massimo volume, e io posso sentir cantare da cinque direzioni diverse. Stiamo festeggiando una grande vittoria !

Guerra nel deserto Nello stesso tempo non c'è nessuno di noi che non abbia altri pensieri per la testa... pensieri per quegli uomini che sono stati uccisi negli ultimi giorni della campagna o per quelli che sono stati feriti. Tuttavia, sappiamo che tutto questo almeno per un po' sarà finito; e nonostante queste tragedie siano fresche nei nostri ricordi stiamo sperimentando una sensazione di allegria e di gioia.

Guerra nel deserto Persone che non si sono viste per settimane o mesi sono ora di nuovo insieme, essendo stati sollevati dai rispettivi incarichi. Nello stesso tempo, non c'è nessuno di noi che non abbia visto le migliaia di prigionieri in gabbia... Abbiamo tutti visto l'enorme massa di veicoli e attrezzature catturate, e tutti abbiamo avuto gli stessi pensieri sulla quantità di spazzatura prodotta da questa guerra».

Guerra nel deserto In quei giorni di relativa quiete, prima che le truppe alleate tentassero lo sbarco in Italia, l'American Field Service ha tempo di girare un breve film, intitolato Letter from Libya che documenta molto bene la vita degli ambulanzieri nel deserto: la realizzazione del film è affidata al Maggiore Stuart Benson, che compare nelle prime scene.

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Il film: Letter From Lybia
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