Se questo è un uomo. Ambulanzieri a Bergen Belsen
Ambulanzieri a Bergen Belsen

Situato in Bassa Sassonia (Germania orientale), a pochi chilometri dalla cittadina di Celle, il campo di concentramento di Bergen Belsen è stato operativo per tutta la durata della Seconda Guerra Mondiale. Le atrocità che vi furono commesse resero Bergen Belsen simbolo dei crimini contro l'umanità commessi dai nazisti.

Se questo è un uomo. Ambulanzieri a Bergen Belsen Aperto fra la fine del 1939 e l'inizio del 1940 come luogo di detenzione per i prigionieri di guerra e «campo per la detenzione di civili» (Zivilinterniertenlager), nel quale prigionieri ebrei, mantenuti in condizioni accettabili, venivano usati come pedine di scambio per prigionieri tedeschi, ospitò fino alla primavera del 1942 soprattutto soldati sovietici: 20.000 uomini circa, che sarebbero morti di stenti, freddo o per le ricorrenti epidemie di tifo esantematico.

Le condizioni per i detenuti di Bergen Belsen peggiorarono progressivamente dalla metà del 1942: prima la trasformazione di Bergen Belsen in «campo di concentramento» (Aufenthaltslager); poi, nell'aprile del 1943, la cessione del controllo del campo alle SS. Un anno dopo, grosso modo a partire dal marzo del 1944, Bergen Belsen viene destinato ad alloggiare i prigionieri malati, che venivano trasportati lì da altri campi.

La situazione degli internati, già obiettivamente disumana, subisce un ulteriore peggioramento alla fine del 1944: l'offensiva dei russi nell'est europeo convince le autorità tedesche della necessità di evacuare i prigionieri di altri campi, che vengono fatti confluire tutti a Bergen Belsen; la Germania, stremata da lunghi anni di guerra e ormai minacciata nella sua stessa integrità territoriale, non dispone più di risorse sufficienti per alimentare i reclusi né ha l'interesse di occuparsene.

Se questo è un uomo. Ambulanzieri a Bergen Belsen Al fine di mantenere la situazione sotto controllo, viene designato un nuovo comandante: lo SS-Hauptsturmführer Joseph Kramer, passato alla storia come Bestie von Belsen, la Belva di Belsen, per la crudeltà spaventosa mostrata verso i prigionieri. Agli occhi dello Stato Maggiore Tedesco quest'uomo, nel cui curriculum figurava la direzione di Birkenau, aveva le qualità necessarie per garantire l'ordine.

Secondo quanto attestano gli atti dei processi nei quali venne implicato nell'immediato dopoguerra, Joseph Kramer non fece assolutamente nulla per migliorare la situazione. Mentre lui e gli ufficiali godevano di un trattamento signorile, nei primi mesi del 1945, a Bergen Belsen morirono circa 40.000 persone per la denutrizione, le inesistenti condizioni igieniche, le malattie e il freddo. Fra questi sventurati anche Anna Frank e la sorella Margot.

Se mai, nella storia, su questa terra è esistito l'inferno, si trovava a Bergen Belsen nell'aprile del 1945.

Torna ^
Ambulanzieri a Bergen Belsen
Le testimonianze degli ambulanzieri

Le testimonianze dei numerosi ambulanzieri in servizio a Bergen Belsen fra il 19 aprile e il 4 luglio del 1945 ricostruiscono con lucida sensibilità la condizione disumana in cui versavano i prigionieri subito dopo la liberazione.

Ambulanzieri a Bergen Belsen Il campo di Bergen Belsen fu liberato dalle forze armate inglesi il 17 aprile 1945. Dieci giorni dopo arrivano i primi ambulanzieri dell'American Field Service. La loro sezione è comandata da Whitfield J. Bell, che ha lasciato questo resoconto:

«Il Campo venne liberato il 17 aprile 1945 dal 115° Reggimento scozzese della Seconda Armata Britannica. Il Campo si trovava due miglia a sud est di Belsen, una piccola città tedesca a circa 75 miglia a sud est di Brema. I soldati trovarono qui fra 40.000 e 50.000 internati, che a stento potevano essere considerati vivi. C'erano anche circa 10.000 corpi insepolti. L'area totale del campo era inferiore a 50 acri (poco più di 20 ettari, N.d.T.). In Gennaio morirono 6.000 persone, 10.000 in febbraio, 17.000 in marzo e fra l'1 e il 16 aprile 17.000. Durante le ultime due settimane di controllo tedesco, i morti erano approssimativamente 2.000 al giorno.
Dopo la liberazione, fra il 17 aprile e il 1 maggio, nonostante tutti gli sforzi delle autorità mediche britanniche, morirono altre 10.000 persone e furono sepolte. La media giornaliera di morti in quel periodo era di circa 600 al giorno. Poi, cominciò a calare, e dopo il 12 maggio era scesa sotto i 100 morti al giorno.

Durante gli ultimi dieci giorni di controllo tedesco, non si trovava nessun genere di cibo. La razione normale di cibo era un litro di zuppa di rape al giorno, una fetta di pane nero alla settimana. Nel campo, i sessi erano separati, soprattutto nell'intento di dividere le famiglie.... Le persone vivevano ammassate in baracche di legno a un piano di circa 100 piedi per 30 (circa 30 metri per 10, N.d.T.). Nella maggior parte di questi rifugi non c'erano letti, solo pagliericci e tavole di legno. In una baracca delle sezione femminile c'erano, secondo un calcolo preciso, 1.351 donne.

Tutti nel campo erano malati, e molti avevano diverse malattie contemporaneamente. Verso la fine del dominio tedesco, il cannibalismo nella sua forma più orribile - consumo di cuori o di viscere, sia dei morti sia di chi era ancora in vita - stava diventando prevalente».

Gli ambulanzieri dell'American Field Service non cercano solo di salvare vite umane, ma provano a dare conforto a questi sventurati: tentano di comunicare con loro, di essere gentili, provano a restituire una speranza. Il compito si rivela al limite delle umane possibilità. Per numerosi ambulanzieri la parola scritta, tramite diari o lettere ai familiari, si rivela uno strumento utile ad analizzare la situazione: per trovare ogni giorno forze nuove e non cedere, sopraffatti dallo strazio.

Questo scrive Lewis M. Allen in una lettera privata: «Quando siamo arrivati, nel campo c'erano circa 65.000 persone di varie nazionalità - Polacchi, Russi, Cechi, Francesi, Greci, Belgi etc. - e tutti erano praticamente morti, esito di una sistematica denutrizione.

Sembravano tutti degli scheletri viventi; soffrivano di tubercolosi e di tifo, senza contare tutte le altre malattie e le complicazioni. Ma la cosa peggiore erano i cadaveri. Circa 30.000 cadaveri giacevano nei dintorni del campo, insepolti - non credo tu possa immaginarlo.

Gli internati non ricevevano nessuna assistenza. Appena qualcuno moriva, veniva scaraventato fuori dalla finestra dagli altri, se ne avevano la forza. In molti edifici, i prigionieri erano troppo deboli per riuscirci e i cadaveri rimanevano a marcire in mezzo ai vivi. Alcune di queste stanze erano talmente piene che non c'era lo spazio per distendersi, a meno di non giacere gli uni sugli altri. In certi casi, alcuni cadaveri si erano così strettamente uniti al corpo dei vivi, che è stato necessario staccarli a forza. So che tutto questo potrebbe sembrare assolutamente incredibile, ma io non sto cercando di impressionarti.

Ambulanzieri a Bergen Belsen Eravamo in un reparto pieno di donne, una delle quali cercava di dire al medico qualcosa in tedesco, che lui però non riusciva a comprendere. Qualcuno indicò me dicendo che io sapevo parlare tedesco: immediatamente venni avvicinato da questa donna, mentre tutti gli altri che riuscivano a parlare gemevano e piangevano, rivolgendosi a me. Questa donna continuava a chiedere perché non li portavano in ospedale, perché non li facevano uscire dal campo, perché non davamo loro del cibo... Io le ho detto che noi eravamo ancora pochissimi, che c'erano pochi rifornimenti, che non avevamo abbastanza letti o ospedali dove metterli, che ci sarebbe voluto del tempo per curare così tante persone. Ma lei mi ha preso per un braccio e mi ha portato davanti a diverse ragazze, indicandole una a una - questa qui, ha solo quindici anni con un viso di settanta e un corpo di cinque, e così via, e mi chiede perché almeno non hanno portato via i giovani, che hanno ancora una vita da vivere. Non potevo fare altro che ripetere che stavamo facendo tutto il possibile - ma loro ancora non capivano, non potevano capire».

L'8 maggio 1945 la Germania si arrende senza condizioni agli Alleati. La guerra è finita, ma a Bergen Belsen l'emergenza continua. Sembra di vivere in un incubo: ogni giorno i morti sono centinaia; le condizioni dei sopravvissuti sono spesso gravissime; numerosi prigionieri, stremati da anni di sofferenze, hanno perso la ragione.

Il lavoro degli ambulanzieri è particolarmente duro, sia per le condizioni oggettive del servizio sia perché negli occhi degli assistiti non c'è la gratitudine del soldato che è stato soccorso sul campo di battaglia, ma la paura e la diffidenza di chi ha subito tante e tali violenze da perdere la ragione. Queste sono le condizioni: eppure non solo gli ambulanzieri in servizio resistono al loro posto, ma altri si offrono volontari.

Per ridare salute e dignità umana ai prigionieri liberati, il campo viene attrezzato con strutture nuove. Uno degli edifici più importanti è la cosiddetta Human Laundry, la Lavanderia umana, dove gli sventurati vengono portati uno a uno per essere lavati e liberati dai parassiti. Questa la testimonianza dell'ambulanziere John M. Evans:

«Il nostro lavoro era quello di evacuare le persone dal campo e portarle nella Human Laundry. Lì c'erano circa venti tavoli e due infermiere tedesche per tavolo. Le persone venivano scaricate dalle ambulanze da inservienti tedeschi - cioè soldati tedeschi prigionieri. Le persone venivano stese sui tavoli e lavate completamente; i capelli venivano tagliati solo se era necessario e l'intero corpo era spolverato accuratamente con antiparassitari. Erano poi avvolti in coperte pulite e trasportati in ambulanze decontaminate fino all'ex caserma tedesca... Di loro si prendevano cura delle suore inglesi infermiere che erano state portate a Belsen prima che noi ambulanzieri cominciassimo a lavorarci.

Ambulanzieri a Bergen Belsen Le persone dovevano essere nutrite; con diete speciali per ogni malattia e condizione. Esistevano edifici particolari che ospitavano pazienti affetti da malattie simili. Come puoi immaginarti, prendersi cura di queste persone era un compito piuttosto triste e quelle suore meritano un immenso ringraziamento. Era un lavoro ingrato: appena le persone erano in grado di rimettersi in piedi lasciavano il ricovero e puntavano immediatamente i pozzi dell'immondizia, alla ricerca di cibo. Il loro istinto animale era ancora predominante e la loro guarigione molto lenta».

L'ambulanziere Thomas O. Cole scriveva, la sera dell'8 maggio: «Abbiamo la sensazione di essere utili, una sensazione che non abbiamo mai provato con così tanta forza e che probabilmente non proveremo mai più. Talvolta queste persone, che non hanno sentito un grammo di gentilezza per anni, non riescono più neppure a concepirla. Spesso sono confusi e convinti che chiunque abbia un'autorità sia pronto a picchiarli duramente. Altri scoppiano in singhiozzi e pianti alla minima gentilezza. Altri ancora sono troppo scioccati per reagire in qualunque modo.

Il dolore si nasconde in ogni cosa. Oggi ho parlato con una ragazzina francese di dodici anni. È stata lontano dalla Francia per quattro anni, ha detto. Dal modo in cui il suo viso si è contratto, ho pensato che sia stata picchiata, torturata o stuprata. Mentre parlavamo, si è accorta di avere dimenticato un bel po' della sua lingua madre - probabilmente per aver parlato tanto a lungo tedesco o polacco, e si è messa a piangere. Anche io ho pianto. Era come se i Tedeschi, non contenti di tutto il resto, le avessero preso anche il suo bene più prezioso - la sua identità, il suo essere francese».

Torna ^