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Diventare Ambulanziere nella Grande Guerra: nobili ideali e problemi pratici.

Numerose testimonianze dirette, costituite dagli scritti degli Ambulanzieri, consentono di ricostruire con una certa precisione lo stato d'animo dei giovani americani in partenza per la Francia come volontari.

Spinti da uno slancio generoso, da sentimenti di fratellanza e da un profondo senso di gratitudine e di amicizia verso la Francia, "Nazione sorella", questi ragazzi arrivano a Parigi ansiosi di raggiungere subito il fronte: molti di loro sono di ottima famiglia, figli o nipoti di ex combattenti che hanno militato nella guerra di secessione o nella guerra ispano-americana del 1898, conclusasi con una agevole vittoria degli Stati Uniti. Nessuno di loro ha la minima idea di cosa sia un campo di battaglia o una trincea, pochi hanno già visto un ferito o un morto ammazzato.

I loro scritti privati e le loro lettere rivelano una progressiva presa di coscienza della realtà della guerra: la vista di spaventose ferite, dei morti, le considerazioni sulla inutile follia della guerra, una certa disillusa amarezza non arrivano comunque mai al punto di far perdere loro il senso ultimo del loro servizio né l'energia nello svolgimento del dovere.

L'entusiasmo suscitato dagli ideali di pace e fratellanza, la comprensibile preoccupazione per il proprio coinvolgimento diretto in operazioni di guerra, il desiderio di poter aiutare concretamente il prossimo, l'eccitazione per un viaggio intercontinentale rischiavano però di passare in secondo piano davanti alla mole di documenti che bisognava produrre alle burocrazie di due paesi: un certificato di nascita a uso espatrio «per scoprire di non essere mai nato» (J.R. Greenwood), un gran numero di fotografie, i colloqui e le lunghe attese al consolato francese negli Stati Uniti, le lettere di raccomandazione richieste a persone in vista della propria comunità... e la patente di guida, da conseguire sia negli Stati Uniti sia in Francia.

ambulanzieri Abram Piatt Andrew, Fondatore dell'American Field Service, racconta in una lettera ai suoi familiari datata 7 gennaio 1915 il suo esame di guida. Riportiamo il suo resoconto in traduzione:

«Ieri ho dovuto fare l'esame di guida con un vecchio ufficiale francese, pomposo ed esigente. Con tutti i suoi rimproveri e avvertimenti mi ha messo una tale ansia che prima ho quasi tamponato un tram e poi ho quasi tirato sotto un gregge di pecore: un incidente sarebbe stato fatale alle mie speranze, qualunque cosa fosse capitato al tram o alle pecore. Alla fine mi ha promosso: ma ho passato gran parte del pomeriggio ad aspettare, guidare, parcheggiare, fare retromarce, svoltare a destra e a sinistra secondo i suoi ordini.

Avevo guidato una Ford una o due volte in vita mia. Dato che, guidando una Ford, devi ricordarti di non fare nulla di quanto faresti se guidassi un'altra macchina, potete ben immaginare come fossi agitato.

Quel caro signore se ne stava zitto finché non arrivavamo ad un incrocio pieno di gente, poi gridava all'improvviso ‘A gauche'; mentre tentavo di schivare i tram e le persone che attraversavano la strada mi diceva ‘Ah! Troppo veloce, troppo veloce! Siete come i tassisti, un assassino!'. Dopo un po', ho capito quel che dovevo fare per essere promosso: guidare come se seguissi un carro funebre a un funerale. Andavo così piano che il motore mi si è fermato due volte."»

Questo racconto, che rende molto bene la carica umana e la vena umoristica del Fondatore, dimostra da una parte quanto fosse difficile anche solo superare l'esame di guida e dall'altra che, prima di fondare l'American Field Service, Abram Piatt Andrew non aveva una grande stima della Ford T... avrebbe rapidamente cambiato idea.

Un altro resoconto interessante sulle fasi dell'arruolamento degli Ambulanzieri in Francia, ci è fornito da J.R. Greenwood nel suo scritto Memories of 21 Rue Raynouard. Sbarcati a Bordeaux, i volontari salgono in treno e raggiungono Parigi, destinazione Gare d'Orsay, dove un uomo dell'AFS, in uniforme kaki, organizza una serie di trasporti, tramite ambulanza, fino al quartier generale di AFS, il "21". Dopo una notte comprensibilmente agitata, il volontario incontra gli uomini che avrebbero «vegliato sul suo destino» nei mesi a venire. Il discorso di benvenuto è tenuto da "Doc", Abram Piatt Andrew.

ambulanzieri «"Doc" ti accoglie con calore, esprimendoti la sua felicità di accoglierti nell'American Field Service. Ti mette in guardia contro... come posso dire, i "pericoli" di Parigi. Poi ti fa capire che tu sei precisamente quella persona che, fra tutti gli Americani degli Stati Uniti, lui desiderava si unisse all'AFS. Poi ti affida a "Steve". Galatti è il suo aiutante: che, come capirai presto, condivide la sorte di ogni aiutante, dato che nell'AFS deve sapere e saper fare ogni cosa. È talmente occupato che ti domandi quando e come trovi il tempo di mangiare e dormire».

Sotto la guida di Doc e di Steve, questi ragazzi di buona famiglia, magari un po' snob, sarebbero diventati uomini nel fango e nell'orrore delle trincee.

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Il trasporto dei feriti

Nel luglio del 1915 il dr. Gros, direttore dell'Ospedale Americano di Parigi, scrive una dettagliata relazione sul trasporto dei feriti: le sue osservazioni restituiscono con lucidità ed esattezza la situazione di tremenda difficoltà in cui operavano gli ambulanzieri americani.

ambulanzieri Nel luglio del 1915 il dr. Edmund L. Gros (1869-1942), direttore dell'American Ambulance Hospital di Parigi, scrive una relazione intitolata The Transportation of the Wounded, pubblicata nel Boston Medical and Surgical Journal. Il saggio, di notevole lucidità e sintesi, è un documento unico, che ricostruisce la situazione relativa al trattamento dei feriti in Francia nel luglio del 1915, pochi mesi dopo la Fondazione dell'American Field Service.

L'assunto di partenza è che a fronte di un incremento straordinario della quantità e della qualità degli armamenti impiegati nella Prima Guerra Mondiale, il trasporto dei feriti è rimasto drammaticamente indietro. Secondo Gros le ragioni sono le seguenti:

  • Ammunition first, food second, wounded third: l'esercito francese, in ciò non dissimile dagli altri eserciti dell'epoca, non prevede una logistica specifica per i feriti. I medesimi mezzi e le medesime linee sono impiegate per il trasporto delle munizioni, del cibo e dei feriti. E nell'economia di una guerra, le munizioni sono la cosa più importante, poi viene il cibo per chi combatte, i feriti vengono per ultimi.
  • impossibilità di prevedere il numero dei feriti: qualunque operazione prevista nel teatro di guerra, per essere svolta in modo efficace, richiede una attenta pianificazione, che consideri la quantità degli uomini e dei mezzi da impiegare in un dato lasso di tempo. L'esperienza maturata nei primi mesi della Grande Guerra ha mostrato l'assoluta impossibilità di prevedere il numero dei feriti da trasportare e assistere giornalmente. Secondo la testimonianza di Gros, il numero dei feriti poteva variare da un minimo di circa 300 al giorno fino a un massimo di 10.000, in caso di offensive o di ritirate. Nessuna organizzazione può ragionevolmente reggere un simile impatto.
  • impossibilità di applicare le procedure: grazie ai contributi di Florence Nightingale per l'infermieristica e ai progressi della scienza medica europea e americana, le procedure di intervento per l'assistenza immediata ai feriti e per il loro trasporto erano ben note sia dal punto di vista logistico sia dal punto di vista igienico-sanitario. Queste procedure, già testate e valide, sono state pensate per guerre combattute con armi ottocentesche: a fronte degli spaventosi mezzi di distruzione impiegati nella Grande Guerra, in particolare l'artiglieria e i gas, utilizzati su larga scala dai Tedeschi per la prima volta il 22 aprile del 1915 nella battaglia di Ypres, i protocolli si rivelano inapplicabili.

Nel caso di uno spostamento del fronte dovuto a una avanzata o a una ritirata, lo spettacolo presente nelle immediate vicinanze del campo di battaglia non era dissimile da quanto osservato da Dunant durante la battaglia di Solferino: centinaia e centinaia di uomini, feriti in maniera più o meno grave, ricoverati alla meglio in chiese, scuole o fienili. In quei casi particolari, ma tutt'altro che infrequenti nella prima fase della guerra, la logistica relativa al recupero e al trasporto dei feriti si rivelava complicatissima.

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La situazione dei feriti

Raggiunti dal fuoco nemico, i feriti cercano di stare insieme in luoghi riparati. Dopo essere stati tratti in salvo dai barellieri francesi, i feriti vengono affidati agli ambulanzieri americani per il trasporto veloce in ospedale. ambulanzieri

Sul Fronte Occidentale, le novità portate dalla Grande Guerra sia dal punto di vista degli armamenti sia dal punto di vista delle modalità del combattimento - una guerra di posizione combattuta lungo una linea di trincee dal mare del Nord fino alla Svizzera - si riflettono sulla situazione dei feriti e sulla organizzazione dei soccorsi.

Anche su questo punto, la relazione di Gros si rivela preziosa, perché permette di ricostruire con una certa precisione il contesto nel quale operavano gli ambulanzieri, durante i primi mesi della Grande Guerra.

ambulanzieri Raggiunti dal fuoco nemico, più o meno impossibilitati a muoversi, i feriti cercano di raggiungere un luogo più sicuro, se possibile al coperto, altrimenti luoghi riparati. In generale, osserva Gros, i feriti vengono prelevati in gruppi, più o meno grandi, negli stessi posti, chiamati dai Francesi con il nome di «nid de blessés», nido di feriti. I feriti restano in quei rifugi improvvisati anche diverse ore, per prestarsi un minimo di assistenza finché non scende la notte, quando il più sano di loro cerca di raggiungere il «poste de secours», ossia il luogo più vicino dove sia possibile ricevere i primi soccorsi.

ambulanzieri Una volta individuato il «nido», intervengono i «Brancadiers», i barellieri francesi. Il loro compito è quello di evacuare rapidamente i feriti e trasportarli al posto di soccorso più vicino, situato a poca distanza dalla linea del fronte. Nel caso, i Brancadiers possono prestare soccorsi immediati. Caratteristico dei Brancadiers è l'impiego di barelle con ruote, simili ai rickshaw orientali, con cui si poteva trasportare rapidamente un ferito alla volta: il film girato da AFS, Our Friend France, documenta molto bene questa pratica. Le testimonianze degli Ambulanzieri americani dell'AFS sono concordi nel definire eroico il comportamento della maggioranza di questi uomini: che sotto il fuoco nemico, incuranti dei pericoli, dei turni di lavoro massacranti, portavano a compimento il loro dovere con abnegazione e autocontrollo.

ambulanzieri Raggiunto il «Poste de secours» i feriti vengono suddivisi in tre gruppi. I feriti in pericolo di vita vengono trattati sul posto - ma solo se esso è dotato di sala operatoria, per quanto rudimentale; altrimenti, insieme ai feriti molto gravi, sono affidati alle cure degli Ambulanzieri americani, che li trasportano all'ospedale più vicino per essere operati. In una corsa folle contro il tempo, a qualunque ora, con qualunque tempo e spesso sotto il tiro dell'artiglieria, gli ambulanzieri dell'AFS fanno la spola fra il Poste de secours e l'ospedale più vicino, salvando migliaia di vite.

ambulanzieri Anche i feriti moderatamente gravi sono affidati agli ambulanzieri: che, smaltite le urgenze, li trasportano con le ambulanze oppure con i camion presso un punto di raccolta organizzato in una Stazione ferroviaria. La loro destinazione è lontano dal fronte, in cliniche e ospedali specializzati. Lungo il loro percorso in treno, i feriti vengono esaminati uno per uno da ufficiali medici per accertare le loro reali condizioni di salute: come riferisce Céline nel suo Viaggio al termine della notte, per molti la speranza di una convalescenza in famiglia o in ospedale si tramutava nell'incubo di un ritorno immediato in prima linea.

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Le ambulanze

Il progressivo perfezionamento delle ambulanze dell'AFS, veri e propri gioielli di ingegneria automobilistica, è ricostruibile grazie a numerose testimonianze scritte e fotografiche.

ambulanzieri Agili e veloci, le maneggevoli ambulanze dell'AFS riescono a viaggiare su strade sconnesse, superando le buche lasciate dagli esplosivi, ad aggirare ostacoli percorrendo tratti nei campi, a manovrare in spazi stretti e persino a salire su impervie mulattiere, tanto da essere ribattezzate «le capre» dai soldati francesi.

ambulanzieri Il modello di ambulanza leggera dell'American Field Service, la cui ideazione si deve ad Abram Piatt Andrew nel 1915, arriva alla sua forma definitiva tramite una serie di perfezionamenti successivi. Proviamo qui a ripercorrerne la storia, aiutandoci con le fotografie presenti nell'archivio dell'AFS e con gli scritti del dr. Edmund Gros e dello stesso Piatt Andrew: la testimonianza del primo è essenziale per ricostruire l'aspetto originario delle ambulanze fino al luglio del 1915; il Fondatore provvede invece a informarci su alcune delle migliorie apportate negli anni successivi.

ambulanzieri Secondo il desiderio espresso da Abram Piatt Andrew, le ambulanze dovevano essere tutte uguali per fornire un servizio il più possibile standardizzato ed efficiente. Il telaio e il motore della Ford T, individuati come ottimi, vengono montati sotto una carrozzeria fabbricata in Francia, le cui dimensioni erano maggiori rispetto al telaio: l'aspetto era un po' buffo, ma le ruote erano più libere di muoversi.

Al modello base, vengono entro pochi mesi apportate alcune migliorie fondamentali:

  • L'aggiunta di altre barelle. Oltre alle barelle fissate al pavimento, ne vengono aggiunte altre due, agganciate al tetto oppure fissate al centro. Per non affaticare le sospensioni, i feriti sdraiati trasportabili erano tre su strade accidentate o in pendenza e quattro in piano. ambulanzieri
  • L'aggiunta di due panche. Vengono aggiunte due panche per trasportare fino a 4 feriti seduti su ogni vettura. Nei primi modelli di ambulanza i feriti sedevano sul pavimento e appoggiavano la schiena alla carrozzeria dell'ambulanza.
  • Le molle delle sospensioni sono sostituite. Ciò viene fatto sia per migliorare l'efficienza dei veicoli sulle strade dissestate sia per assicurare il massimo confort ai feriti che presentano fratture, soprattutto nella zona del bacino, ai quali ogni scossone causava dolori tremendi. Grazie alle nuove sospensioni, i feriti riescono a dormire lungo il trasporto.
  • La ventilazione dell'abitacolo. Per mantenere l'ambiente ventilato, le pareti delle ambulanze sono composte da teli di cotone molto spesso.

ambulanzieri Successivamente al luglio del 1915, le ambulanze sono ulteriormente modificate, fino a raggiungere il loro aspetto definitivo. Secondo la testimonianza di Abram Piatt Andrew, le migliorie apportate sono talmente tante che è impossibile descriverle tutte. Il Fondatore riepiloga le principali:

  • Sistemazione delle barelle supplementari. Le barelle supplementari sono agganciate ai fianchi dell'ambulanza. Quando non si adoperano sono fissate alle pareti mediante dei ganci.
  • Nuovo spazio ricavato nell'abitacolo. Lo spazio vicino al guidatore viene attentamente razionalizzato in modo da ricavare posto per un altro ferito seduto o del bagaglio.
  • Modifiche alle fiancate. I teloni sono sostituiti da paratie in mogano, che riparano dalle intemperie e possono essere più agevolmente disinfettate. La ventilazione resta un'ottima prescrizione igienica: ma date le condizioni dei feriti e il clima rigido degli inverni francesi il legno viene giudicato preferibile.
  • Modifiche all'abitacolo. ambulanzieri L'interno dell'ambulanza è misurato al centimetro per inserire il ferito direttamente con la sua barella. L'esercito francese disponeva di differenti modelli di barella, alcuni dei quali erano troppo lunghi. Per risolvere il problema viene creata una speciale paratia nello spazio ricavato sotto il sedile di guida, dove inserire l'estremità della barella nel caso risultasse più lunga del normale.
  • Binari rinforzati. In genere, le barelle adoperate dai Francesi sono di legno. Per risolvere il problema dello scorrimento delle barelle in acciaio, che rovinano il fondo dell'ambulanza, vengono aggiunti speciali ‘binari' fatti di legno di quercia non verniciato e costantemente ingrassato.

ambulanzieri Per dare un'idea della maniacale cura per i dettagli è utile osservare con occhi attenti l'ambulanza che si intravede, in una foto famosa, alle spalle di Abram Piatt Andrew e di Stephen Galatti.

Sopra il tetto si nota l'alloggiamento, che in questa foto è vuoto, destinato ad accogliere la ruota di scorta. In sostituzione del parabrezza, si osserva una struttura rinforzata in acciaio con a fianco dei teli pesanti, rimovibili, per proteggere il guidatore dalle schegge e dalle intemperie. Una cassetta in acciaio, fissata al fianco della macchina, è destinata a contenere gli attrezzi per una riparazione in caso di guasto.

Un altro notevole accorgimento - che non è possibile mostrare in foto - consiste nella creazione di un pannello divisorio oscillante fra la postazione del guidatore e l'interno dell'ambulanza, utile per sistemare i cuscini dietro la testa dei feriti o dare loro dell'acqua.

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Gli ambulanzieri e i feriti

Le testimonianze degli Ambulanzieri, sfuggite alla censura, raccontano la loro esperienza sconvolgente al fronte nell'assistenza e nel trasporto dei feriti.

ambulanzieri Le testimonianze degli ambulanzieri sul loro incontro con i feriti sono, relativamente al periodo della Grande Guerra, tanto numerose quanto impressionanti. In quasi tutte si legge l'ammirazione per il coraggio dei fanti francesi e l'incredulità per il modo con cui riescono a sopportare dolori che appaiono indicibili. È possibile, data la necessità di superare l'occhio della censura, che alcuni particolari siano omessi e altri ingranditi, ma la sincerità di questo insieme di testimonianze è indubbia e confermata dalla sostanziale congruenza con gli scritti privati che ci sono pervenuti.

Fra le tante, merita di essere ricordata qui la testimonianza di J. Halcott Glover, appartenente alla SSU 2, unità dell'AFS operativa a Pont-à-Mousson, non lontano dal confine con la Germania. La riportiamo in traduzione.

«Potrei parlare un po' dei feriti, dato che ne ho visti ormai migliaia: è però difficile fare ordine tra le mie impressioni. I feriti sono così tanti e arrivano in quantitativi così numerosi, che l'ambulanziere è tanto preoccupato per la parte pratica del suo lavoro da perdere quasi i sentimenti umani nei loro confronti. Il loro miserevole aspetto li rende tutti uguali.

Per il trasporto, i feriti, come è logico, sono suddivisi nelle due categorie principali di «seduti» e «sdraiati».

Fra i primi, molti arrivano dalle trincee a piedi; li si vede arrivare a Montauville, sulla strada, lo sguardo un po' perso alla ricerca del Poste de secours assegnato alla compagnia o al reggimento di cui fanno parte. A volte si aiutano l'uno con l'altro; spesso camminano fianco a fianco, con un braccio di uno a cingere amichevolmente la spalla del compagno. Da dove mi trovavo, mentre aspettavo il mio turno, ne ho visti molti entrare nel Poste de secours e gettarsi a terra esausti nella paglia, con il sangue che colava dalle loro bende allentate. Distrutti dalla stanchezza, portano con sé il fango e le bruciature della trincea, un fascio di vestiti pesanti, senza forma, il blu sbiadito delle loro divise. Puzzano di sudore, del fumo dell'artiglieria, di cuoio e di tabacco - è sempre lo stesso odore, che si tratti di un contadino o di un professore di matematica. A volte per le emorragie o per lo shock, battono convulsamente i denti. Tutti mostrano un atteggiamento composto e dimesso e si rimane stupiti dalla loro apparente indifferenza al dolore.

La situazione de feriti gravi, trasportati in barella, è a volte completamente diversa. Se, fra i feriti «seduti» è già difficile distinguere fra uomo e uomo, fra quelli «sdraiati» lo è ancora di più. In questo caso, ci troviamo di fronte a una forma insanguinata sotto un cappotto o una coperta; si intravede la pelle che sembra cera e una massa di bende. Se l'uniforme è grigia, gli uomini mormorano Boche («crucco», N.d.R.) e si avvicinano a guardare.

ambulanzieri Potrei descrivervi l'orrore delle ferite, ma è già stato detto abbastanza. Nei primi tempi a vederle ti vengono i brividi, e io stesso ho provato ondate di rabbia per la follia mostruosa dell'uomo, capace di provocare tanta insensata sofferenza. Ben presto però il fatalismo - sentimento prevalente fra i pensieri degli uomini in questa guerra - offusca le percezioni. È solo un altro blessé - il gravement pronunciato dall'infermiere porta soltanto l'idea di prestare maggiore attenzione nella guida.

L'ultima volta che li vediamo è all'ospedale. Di notte, dobbiamo svegliare gli uomini che vi prestano servizio. La barella viene portata in una stanza semibuia che sa di chiuso, dove i feriti sono ricevuti e disposti sul pavimento. Nei casi disperati segue l'ultima fase. L'uomo viene deposto lì e giace, insieme ad altri nella sua situazione, ignorato da tutti, finché la morte non se lo prende.

Poi una bara semplice non verniciata, il prete, una breve processione, pochi occhi curiosi, il saluto, e la fine. La sua tomba, segnata da una piccola croce di legno con scritti nome e grado, resta inosservata, sul ciglio di una strada o a fianco di una via fra i campi, come migliaia di altre. Ovunque, nella zona di guerra, si vedono di queste tombe. Una grande cintura fatta di tombe corre dalla Svizzera fino al mare del nord, lungo la Francia e il Belgio. Ci sono poche persone, in Europa, che non abbiano conosciuto uno o più degli uomini che vi riposano».

ambulanzieri Molto si potrebbe scrivere per commentare queste parole. Si potrebbe parlare della follia della guerra, delle spaventose sofferenze patite da milioni di esseri umani, di quel «fatalismo» che fa accettare tutto spegnendo i sentimenti e la ragione. Ma non servirebbe a nulla, perché la storia si ripete.

Sottolineiamo un'altra cosa. Questo è il racconto di un uomo che ha scelto di partire volontario, sacrificando il suo tempo, le sue aspirazioni e spesso la sua stessa vita per aiutare degli sconosciuti, in una guerra lontana. Di sé non parla; e neppure c'è spazio nel suo racconto per grandi proclami o patetismi. Si sente l'eroismo, vero, di chi dimentica se stesso e fa il suo dovere sino in fondo, sempre, nonostante l'apparente inutilità della vita e il furore delle guerre.

Questo è il grande dono che AFS ha fatto al mondo.

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