L'American Field Service recepisce le novità rappresentate dal movimento di contestazione giovanile del Sessantotto ed esce dal Congresso Nazionale del 1971 profondamente rinnovato.
Dopo 49 anni di servizio nell'American Field Service, il 13 luglio 1964 muore Stephen Galatti. Successore designato è Arthur Howe (1921-2014), professore universitario ed ex ambulanziere durante la Seconda Guerra Mondiale nella quale, partecipando alla campagna in Nord Africa e in Italia, ha raggiunto il grado di maggiore.
Rispetto al piglio autoritario e decisionista di Galatti, Arthur Howe si rivela più prudente e aperto al dialogo: e probabilmente fu la persona giusta al posto giusto, se si considerano le tensioni sociali e politiche, nazionali e internazionali, caratteristiche di quel periodo.
L'intervento americano nel Vietnam e il fenomeno della contestazione giovanile erano per forza di cose destinati a sconvolgere nel profondo l'American Field Service, una entità composta da persone appartenenti a tutte le generazioni: ex ambulanzieri, volontari, finanziatori, famiglie ospitanti e ragazzi di tutte le parti del mondo. Improvvisamente, i giovani si interessano a cose diverse: sono impegnati in politica e si appassionano all'ecologia; sono sensibili alle istanze del femminismo e approvano modelli di vita anticonformisti.
Lo stile unico che caratterizza l'accoglienza dell'AFS - il soggiorno presso la famiglia ospitante, l'inserimento nella scuola e nella comunità, persino il Bus Trip - sembra un fenomeno del passato, irrimediabilmente distante dagli interessi dei ragazzi del Sessantotto.
«E' la fine di un'epoca, dirà qualcuno; AFS non è più AFS, diranno altri. Perché? chiederanno tutti coloro che si ricordano con emozione delle feste, dei sorrisi colgate [...]. Effettivamente, questa struttura non corrispondeva più ai bisogni dell'AFS. Appena un anno dopo che i giovani borsisti avevano fatto di tutto per essere, come sempre, the nice little AFS'ers, tutto questo non funzionava più, la fabbrica di sorrisi si era fermata, la visita ai conservifici mormoni di Mesa non interessava più, le famiglie AFS erano deluse. Eppure noi l'abbiamo fatto, e bene! diranno i "vecchi" ritornati in patria. Ma la ferita era profonda, gli Stati Uniti e i ragazzi sono cambiati. Questo giro non era diventato troppo superficiale? Tre giorni qui, due giorni là, con la metà del tempo dedicato a feste, talent show, e altre cose simili? E questo mentre noi ci rendevamo conto della presenza dei problemi locali come l'adattamento dei Chicanos, o delle bidonvilles. No, noi non potevamo più essere quei nice little kids, come AFS ci chiedeva di essere. [...]. Non c'era poi una contraddizione profonda tra l'atteggiamento che noi dovevamo più o meno avere e quello che ci veniva chiesto in termini di maturità e di riflessione per comprendere l'America, i nostri amici dell'AFS, le famiglie?»
Christine Vuillequez, 1971
L'American Way of Life, improvvisamente, è un modello che non funziona più. Possibile che proprio AFS non se ne fosse accorta, che pure era a così stretto contatto con i giovani? La ragione di questo paradosso apparente viene chiarita da Arthur Howe:
«All'epoca di Galatti si discuteva poco degli aspetti "filosofici" dell'AFS; lui si dava da fare per assicurare il pieno successo di un programma di qualità. Steve non aveva tempo per la teoria [...]. Per quanto riguarda me, ho sempre creduto che la collocazione di giovani ben selezionati nelle famiglie giuste, il tutto coordinato da una struttura di sostegno e di incoraggiamento allo sviluppo positivo delle relazioni, fosse in sé una buona cosa.
Io certo non passavo il mio tempo ad analizzare le eventuali connotazioni politiche associate a questa o quell'esperienza. L'American Field Service dava l'occasione di un impressionante processo di maturazione e di apprendimento, di sensibilizzazione sociale, di percezione e di tutto ciò che il partecipante desiderava apportare. Certo, noi ci chiedevamo quali fossero le implicazioni a livello mondiale, tenuto conto dell'egemonia americana: non cercavamo anche noi, in fondo, di trasformare tutti in Americani? Stimolato da queste domande, ho sviluppato idee molto personali su quel che io chiamo denazionalizzazione, e sono arrivato alla conclusione che AFS riusciva davvero a minimizzare questo rischio [dell'omologazione globale al modello americano, N.d.T.] e molto meglio di altri programmi. [...]
Uno dei grandi vantaggi di questo programma è stata la sua capacità di aiutare i partecipanti e reintegrarsi nella società di provenienza [...]. In fin dei conti, noi abbiamo rimandato nei loro paesi, sviluppati o in via di sviluppo, un buon numero di persone molto segnate dalla loro esperienza personale e davvero poco influenzati dalla propaganda americana. Hanno acquisito una migliore conoscenza dell'America e rischiano dunque molto meno di ingannarsi sul nostro conto. Da un punto di vista positivo, loro comprendono ciò che noi diciamo e perché. Non credo che abbiamo creato un gran numero di amici dell'America attraverso l'AFS: credo invece che abbiamo prodotto migliaia di cittadini del mondo, migliori di come erano prima. Ed è un mondo in cui le persone devono imparare a vivere le une accanto alle altre».
Forte di queste convinzioni, conscio del turbamento che scuoteva le anime di tante persone, giovani e meno giovani, più o meno ‘progressisti', Arthur Howe guidò l'American Field Service alla Convention tenutasi ad Atlantic City nel settembre del 1971 e al Congresso mondiale fra il 21 e il 25 di quello stesso mese.
Nicole Bernheim, che documenta per Le Monde del 9 ottobre 1971 la Convention di Atlantic City, racconta di una netta spaccatura generazionale fra gli ex ambulanzieri, appoggiati dai finanziatori e dalle famiglie ospitanti, e i giovani volontari e gli ex borsisti dall'altra.
I "giovani", ritenendo la leadership di AFS permeata da un retro-pensiero colonialista, giudicavano ridicolo confinare ragazzi e ragazze di 17 o 18 anni nel contesto di famiglie troppo benpensanti e di licei conformisti; consideravano prioritario rispondere alle nuove aspirazioni di studenti degli ultimi anni che non erano più bambini e che, in un paese straniero, volevano conoscere i ghetti, le minoranze razziali, i proletari, gli studenti contestatori, e non solo le fusa rassicuranti delle piccole città provinciali tra due picnic e due conferenze del Rotary club locale, o qualunque altra cosa ne facesse funzione.
Queste critiche non restavano astratte, ma si accompagnavano a proposte rivoluzionarie: accoglienza dei borsisti presso famiglie meno facoltose, meno rappresentative della maggioranza, più giovani, persino anche nel contesto di coppie non sposate, se queste potevano rappresentare un ambiente stimolante per giovani stranieri; accorciamento del soggiorno (un anno poteva essere giudicato troppo lungo presso una famiglia con la quale non nasceva sintonia); possibilità di lavoro retribuito all'estero, proprio come già facevano i giovani americani; estensione degli scambi a categorie sociali meno fortunate e agli studenti degli istituti tecnici. (immagine 4)
Completamente diverso era il parere delle famiglie di accoglienza e dei finanziatori: che suggerivano piuttosto l'abbassamento dell'età dei partecipanti a tredici o quattordici anni, età nella quale i giovani erano meno sensibili alle sirene della contestazione politica, alla libertà sessuale e alla droga. A sostegno delle loro tesi menzionavano alcuni episodi incresciosi: una giovane Norvegese che aveva chiesto e ottenuto di essere accolta in una famiglia nera e di frequentare una scuola appena aperta ai bianchi, che ebbe però notevoli problemi di inserimento; e quello di un ragazzo italiano, presto rispedito al mittente dalla famiglia ospite, che dal giorno del suo arrivo prese parte a tutte le manifestazioni a favore dell'integrazione e contro la guerra del Vietnam, fino a essere arrestato e diventare così lo zimbello delle cronache locali.
In questo clima non proprio idilliaco si aprono i lavori del Congresso Mondiale di AFS tenuto al Lago Mohonk, nello stato di New York, fra il 21 e il 25 Settembre del 1971. Alla fine dei lavori vengono prese delle decisioni comuni destinate a cambiare profondamente il volto dell'American Field Service.
Nel suo ruolo di promotore della pace e del dialogo, AFS riconosce per la prima volta che la guerra può nascere non solo fra nazioni diverse, ma anche all'interno delle nazioni stesse, a causa dei contrasti politici e sociali. Inoltre, AFS riconosceva la legittimità, per tutti i partecipanti alla associazione, di proporre e decidere variazioni nel programma, valutate caso per caso, nell'intento di renderlo più adatto ai partecipanti: ad esempio, se i borsisti lo richiedevano e c'erano le condizioni, era possibile sostituire la frequenza obbligatoria a scuola con la partecipazione a lavori socialmente utili.